Mostra in corso: Superfici
inizio 25-11-2023 fine 13-01-2024
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In fondo, tutte le opere d’arte si presentano ovviamente con un’inevitabile superficie: frequentemente nell’esecuzione delle medesime l’attenzione è stata posta più nella forma, nella ricerca puramente cromatica, nell’aspetto concettuale o in quello ottico visivo, ma in alcuni casi invece l’attenzione è stata posta soprattutto nell’aspetto «superficiale» dell’opera stessa.
È opportuno osservare che in questi casi gli artisti hanno spesso sfruttato, per il raggiungimento dei propri obiettivi, una grande e insostituibile alleata: la luce, che rende sostanza l’ombra.
Su queste caratteristiche fisiche, in alcuni casi accoppiate a interventi puramente cromatici, si sviluppano le ricerche di numerosi artisti nel corso dei decenni, con risultati che segnano importanti tappe nel percorso della storia dell’arte contemporanea.
Certamente uno dei più importanti interventi sulla superficie lo si deve a Lucio Fontana che, con i suoi «Buchi» e i suoi «Tagli», dà vita ad opere dove la tela viene considerata non come un banale supporto, ma come una materia che deve essere modificata, lavorata, plasmata fino al suo definitivo superamento. Azzerata l’esperienza del periodo informale, Manzoni, Castellani e Bonalumi danno vita ad un nuovo percorso artistico, con la realizzazione di tele monocrome, estroflesse con varie tecniche in modo da creare effetti di luci ed ombre con l'inclinazione della sorgente luminosa. Anche altre proprietà fisiche e materiche sono state utilizzate per la realizzazione di opere che hanno segnato e caratterizzato, sotto il profilo «superficiale», il mondo dell’arte nei decenni passati: dalle «Superfici lunari» in gommapiuma bucherellata di Giulio Turcato, dalle materiche, increspate paste pittoriche di Piero Ruggeri o di Toti Scialoja, alle «Superfici a testura vibratile», realizzate in alluminio da Getulio Alviani, dove la superficie muta continuamente a seconda degli angoli visuali e dell'incidenza luminosa, ai «Cretti» e alle «Combustioni» di Alberto Burri.
Tra gli altri artisti italiani che si sono distinti per aver fatto della superficie una propria cifra espressiva, in mostra sono presenti: Michelangelo Pistoletto, con i suoi «Quadri specchianti» (immagini montate su lastre in acciaio inox lucidato), Giuseppe Uncini, con le opere in cemento e ferro; Marco Lodola, con le superfici luminose; Omar Ronda, con i magmatici «Genetic Fusion» e i trasparenti «Frozen»; Renzo Nucara, con le plastiche cortecce; Armando Marrocco e Manfredo Massironi, con gli storici collages di cartoni naturali; Vinicio Momoli, con le gommose, morbide superfici; Vittorio Valente, con le appuntite pelli siliconiche; Turi Simeti, con le monocromatiche estroflessioni; Paolo Masi, con i «Cartoni» dalle cromatiche texture; Enzo Cacciola, con i compressi «Multigum»; Umberto Mariani, con il tessuto a pieghe dei «Piombi»; Mario Surbone con i movimentati e lacerati «Incisi»; Vittorio Zitti, con le rugose ed irregolari ceramiche.
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